Oltre l’orchestrazione e la PaaS: verso una nuova astrazione del cloud

Oltre l’orchestrazione e la PaaS: verso una nuova astrazione del cloud

Jun 26, 2025

Cloudsome Pulse

Orchestrazione e PaaS
Orchestrazione e PaaS

Negli ultimi dieci anni, il cloud ha compiuto un salto evolutivo straordinario. È passato da paradigma emergente a fondamento dell’IT moderno. Oggi, che si parli di startup agili o di enterprise globali, il cloud è diventato lo standard operativo per costruire e far crescere il software.

In questo scenario in continua trasformazione, due approcci hanno segnato l’evoluzione del deployment applicativo: lo scheduling – rappresentato da Kubernetes – e le PaaS, come Heroku, CloudFoundry o App Engine. Entrambe le strade hanno portato enormi benefici alle aziende. Hanno accelerato l’adozione del cloud, ridotto il time-to-market e abilitato nuovi modelli operativi.

Eppure, tra queste due polarità, inizia a emergere una domanda sempre più frequente tra i team: è possibile semplificare senza rinunciare al controllo? Esiste una via che unisca la potenza dell’orchestrazione con l’esperienza fluida delle PaaS? 

Questo articolo non vuole proporre un’unica soluzione definitiva, ma aprire un confronto su come orchestrazione, astrazione e automazione possano coesistere in modo intelligente.

Kubernetes: potenza, flessibilità e un impatto duraturo

Kubernetes non ha conquistato il mondo cloud per caso. È diventato lo standard de facto per la gestione dei container perché ha offerto alle aziende ciò che prima mancava: una piattaforma potente, modulare e altamente estensibile per costruire infrastrutture su misura.

Il suo compito primario non è orchestrare nel senso classico del termine, ma garantire che lo stato desiderato – definito nei manifest – coincida costantemente con lo stato reale del sistema. In altre parole, Kubernetes agisce come uno schedulatore e reconciler: non dirige ogni elemento come un direttore d’orchestra, ma si assicura che ogni container venga eseguito nel posto giusto, al momento giusto, secondo le regole stabilite.

Questo approccio ha permesso di gestire workload complessi, abilitare la scalabilità automatica e coordinare l’esecuzione di servizi fondamentali come database, code di messaggistica o motori di ricerca distribuiti. Ha trasformato il modo in cui i team DevOps progettano e mantengono l’infrastruttura, offrendo un controllo senza precedenti.

Come ogni tecnologia estremamente flessibile, però, anche Kubernetes richiede attenzione e metodo. Con il tempo, è naturale che emergano sfide: file YAML sempre più numerosi, toolchain articolate, processi di onboarding che richiedono tempo e cura. La potenza non è mai gratuita, e il suo valore si misura nella capacità di incanalarla in modo efficace - un’abilità che non tutte le aziende possono mettere in atto.

Kubernetes ha dato alle aziende i mattoni per costruire qualsiasi cosa. Ma non sempre è semplice trasformare quei mattoni in case accoglienti per chi sviluppa.

Le PaaS: semplicità democratizzata

Parallelamente, le Platform-as-a-Service hanno avuto un ruolo fondamentale nel rendere accessibile il cloud a un’intera generazione di team. Bastavano pochi comandi per fare deploy, scalare, consultare i log e iniziare a lavorare, senza preoccuparsi dell’infrastruttura sottostante. Per chi sviluppa software, è stato un salto quantico.

Le PaaS hanno permesso di concentrarsi sul codice, non sui container. Hanno abbassato la soglia d’ingresso e reso produttivi anche team piccoli e snelli. In molti contesti, sono state un acceleratore formidabile per sperimentare, crescere e portare rapidamente applicazioni in produzione.

Naturalmente, ogni scelta architetturale comporta dei trade-off. Le PaaS, con la loro esperienza “chiavi in mano”, possono mostrare qualche limite quando emergono esigenze più specifiche o non previste dal modello di partenza. In questi casi – ad esempio, workload particolari o integrazioni complesse – può servire qualche workaround o strato di personalizzazione in più.

Ma nella maggior parte degli scenari, la loro semplicità continua a generare ottimi risultati. Ed è proprio da questa efficacia che possiamo trarre ispirazione per disegnare nuove astrazioni, capaci di unire immediatezza e flessibilità.

Non è una sfida a somma zero

Kubernetes e le PaaS non sono alternative in guerra. Sono risposte a esigenze diverse. La verità è che ogni approccio può essere il migliore nel contesto giusto. Dipende dagli obiettivi, dal team, dalla maturità tecnologica, e dal tipo di applicazioni.

Ma proprio perché ciascuna soluzione eccelle in un’area specifica, oggi si fa sempre più forte l’esigenza di un’integrazione intelligente tra i due mondi. Una sintesi capace di offrire la flessibilità dell’orchestrazione e la semplicità dell’astrazione, senza compromessi.

Confronto PaaS vs Kubernetes

Questi due approcci rispondono a bisogni diversi. Ma nessuno dei due modelli riesce a rispondere davvero alla domanda che ogni team dovrebbe farsi:

Come combinare velocità, flessibilità e controllo in un'unica soluzione?

L’infrastruttura: il grande assente nella conversazione

Spesso, il dibattito si concentra sul deployment applicativo. Ma le applicazioni non vivono nel vuoto: dipendono da infrastrutture sottostanti – reti, storage, DNS, sicurezza – che devono essere create, aggiornate e mantenute con coerenza.

Qui entra in gioco l’Infrastructure as Code (IaC), e in particolare Terraform, e la sua versione opensource OpenTofu, che ha permesso di trattare l’infrastruttura come software: dichiarativa, versionabile, replicabile. Una rivoluzione per l’operatività cloud.

Eppure, anche Terraform ha un punto cieco: non è pensato per gli sviluppatori. Non si integra nativamente nei flussi CI/CD. Richiede skill specifiche e introduce una curva di apprendimento significativa.

Ciò che manca è una integrazione nativa e trasparente dell’IaC nei workflow applicativi. Un livello superiore di automazione in grado di nascondere la complessità e valorizzare la potenza.

La “terza via”: orchestrazione invisibile, esperienza unificata

Non si tratta di scegliere tra orchestrazione o astrazione. Ma di comporre un nuovo strato intelligente che unisca il meglio di entrambi.

Una piattaforma che:

  • Usa Terraform per costruire l’infrastruttura, senza esporre HCL (HashiCorp Configuration Language).

  • Esegue il ciclo di vita delle componenti architetturali delle applicazioni, senza sommergere i team di manifest o YAML.

  • Offre un’esperienza PaaS per i flussi quotidiani, fluida e produttiva.

  • Integra DevOps e developer, senza barriere tra ruoli o ambienti.

In altre parole: una control plane unificata, che automatizza dove serve, standardizza dove conta, e lascia spazio alla personalizzazione dove crea valore.

E se fosse questa l’evoluzione naturale del cloud?

Un sistema di deployment intelligente che riduce la complessità, abilita la governance distribuita e apre la strada alla collaborazione anche con team non tecnici.

Conclusione: costruire il prossimo strato insieme

Il cloud ha già vinto la sua prima battaglia. Ora è il momento di renderlo più accessibile, più intelligente, più umano.

Non si tratta di scegliere un campo, ma di costruire insieme il prossimo strato di astrazione. Uno che permetta a chi sviluppa, gestisce o governa applicazioni di concentrarsi su ciò che conta davvero: creare valore, non combattere la complessità.

Hai già scelto Kubernetes? Stai valutando una PaaS? O stai cercando una terza via?

Condividi la tua esperienza nei commenti o scrivici: il futuro del cloud lo costruiamo insieme.

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